Da oltre una decina d’anni nel panorama del web marketing italiano si sente parlare di Corporate Blog e blog aziendale, in generale della necessità, da parte di aziende e professionisti, di dotarsi di uno spazio all’interno del sito per creare dei contenuti, che a seconda del business aziendale può essere un blog all’interno di un sito ecommerce o di un “sito vetrina”.
Aldilà di un vantaggio per il (o la) Brand aziendale, spesso vago oltre che difficile da monitorare in termini di ritorno dell’investimento, chi propone la necessità di un’attività di redazione di contenuti spesso non cita:
- gli obiettivi di macro e micro conversione di questa attività che possono impattare sul fatturato aziendale in modo concreto;
- la maniera di tracciare un attività che in quanto tale è estremamente dispendiosa in termini di tempo e di costi.
Questo articolo cerca quindi di:
- approfondire come il blog e più in generale la redazione di contenuti siano utili nel contesto della strategia di web marketing aziendale e più nello specifico all’interno del funnel di vendita;
- comprendere quali possono essere gli obiettivi di conversione di un blog aziendale;
- capire come e cosa tracciare al fine di capire l’eventuale il ritorno sull’attività.
Iniziamo dal primo aspetto ovvero qual è la funzione del blog è più in generale della redazione di contenuti nel contesto del funnel di vendita.
Il ruolo del blog all’interno di una strategia di Web Marketing
All’interno del funnel di vendita, ovvero del processo che porta il nostro potenziale cliente da una fase iniziale di consapevolezza del nostro prendere nostro prodotto o servizio, alla fase finale di conversione, la redazione di contenuti può rappresentare un modo per intercettare l’utente nella parte alta del funnel.
Entrando più nello specifico e riprendendo la distinzione tra domanda consapevole e domanda latente, il blog aziendale ci serve per intercettare la fase iniziale della domanda consapevole, ovvero quella fase informativa in cui l’utente si sta ponendo consapevolmente un problema effettuando delle query, ovvero delle domande tramite parole chiavi su Google.
A questo stadio le ricerche dell’utente tuttavia sono ancora di tipo informativo vengono definite infatti query informative, ad esempio “come curare il mal di schiena”.
In questa fase un blog aziendale può essere utile a intercettare chi cerca questa tipologia di query informative creando dei contenuti che vadano ad acquisire traffico organico da parole chiavi che in quanto tale sono spesso foriere di:
- un elevato volume di ricerca;
- bassi livelli di competizione in quanto di Long Tail;
- solitamente poco costose (nel caso volessi usare la rete di ricerca di Google ADS) in quanto non tradizionalmente associate a “money keywords”;
A questo punto, dal momento che l’utente è ancora in una fase di tipo informativo ovvero non ha ancora intenzione di acquistare il nostro prodotto servizio né tantomeno di scegliere il nostro Brand, gli approcci possibili sono due:
- direzionare il visitatore alla pagina di vendita del prodotto o servizio, magari una call to action o puntare direttamente alla vendita;
- convertire il visitatore in un lead freddo;
Riguardo al primo aspetto, il consiglio è di tracciare il clic sulla Call To Action, ad esempio con Google Tag Manager. Nel caso non volessi procedere con una “tentata vendita”, ma in modo più mediato, puoi provare a convertire il lettore del contenuto in un lead freddo.
Convertire il lettore del contenuto in Lead Freddo
Questo approccio consiste nell’acquisire un contatto (una lead generation), che in questo contesto viene definito lead freddo, tramite un optin, che può essere in forma di PopUp o form statico e realizzato con strumenti come Optin Monster.
Una volta acquisito il contatto, è possibile inserirlo in una procedura automatizzata di email marketing, finalizzata a portarlo via via alla conversione;
Dal punto di vista del tracciamento l’acquisizione del lead può essere tracciata con un semplice obiettivo pagina di destinazione in Google Analytics.
Calcolare il ritorno dell’investimento di un Lead Freddo, ovvero di un “iscritto alla newsletter” non è così semplice, se ne parla anche nel mio libro Lead Generation, per spiegarlo in poche parole riporto un frammento di una mia intervista su SeoZoom:
Se negli ultimi 6 mesi ho generato 1000 lead che hanno fruttato complessivamente un utile di 20.000 euro, il valore medio del mio lead sarà di 20 euro.
Da https://www.seozoom.it/intervista-emanuele-chiericato/
Tuttavia può essere che non abbia la necessità di incrementare i lead, né di vendere, ma voglia solo creare contenuti con una finalità di Brand Awareness, o che stia cercando di capire, al di là delle conversioni standard (lead, vendite) come viene percepito il mio contenuto.
In questo caso devo analizzare la fruizione del contenuto con delle metriche relative all’engagement sul contenuto.
Tracciare l’engagement sul contenuto
Una seconda tipologia di obiettivo tracciabile può essere quindi l’engagement, ovvero quanto e come il contenuto viene fruito dall’utente.
Con Google Analytics (e l’aiuto di Google Tag Manager) posso tracciare tre metriche utili a definire l’engagement sul contenuto, ovvero:
- Adjusted Bounce Rate, ovvero il tasso di rimbalzo modificato;
- la percentuale di profondità di scroll sulla pagina
- tempo medio sulla pagina
Partiamo dal primo.
Tasso di rimbalzo modificato (Adjusted Bounce Rate)
Il tasso di rimbalzo modificato o Adjusted Bounce Rate (ABR) è una metrica utile a superare i limiti del bounce rate tradizionale ovvero al fatto che in assenza di ulteriori interazioni sulla pagina il tempo di permanenza dell’utente viene automaticamente settato a 0.
Come sappiamo dalla definizione di Bounce Rate, Google Analytics traccia il rimbalzo nel momento in cui l’utente entra sulla pagina e ne esce senza compiere un’ulteriore interazione tracciata.
Tuttavia:
- non è detto che l’utente si iscriva alla newsletter dopo la lettura del contenuto: giudicare il “successo” di un contenuto solo da questo obiettivo di conversione potrebbe essere riduttivo, dato che:
- non è detto che abbandonare il contenuto senza navigare in altre pagine sia un segno negativo e non significhi invece che non abbia trovato quello che cercava.
Tuttavia se ci pensi questo può essere molto limitante in quanto:
- l’utente potrebbe benissimo essere uscito dal contenuto soddisfatto per aver trovato quello che cercava;
- non abbiamo la possibilità di sapere per quanto tempo è rimasto prima di uscire.
Il tasso di rimbalzo modificato ci consente proprio di far scattare il rimbalzo al compimento di un certo evento ad esempio dopo un Time Frame a tua scelta, ad esempio di 30 secondi (o di più, se il contenuto è più lungo o se hai altri motivi per farlo).
In questo modo:
- abbiamo una visione più intelligente dell’engagement sul contenuto;
- possiamo anche ridurre il Bounce Rate in generale.
Da questo punto di vista il settaggio di un Bounce Rate “adattato” o “modificato” e il monitoraggio di alcuni eventi come lo scroll della pagina o il tempo di permanenza ci può consentire di avere una panoramica più dettagliata della funzione del contenuto da parte dell’utente.
Tempo medio sulla Pagina (Average Time On Page)
Il tempo medio sulla pagina è una metrica di Google Analytics (da non confondere con la Durata della sessione media), che ci dice quanto a lungo i lettori del tuo contenuto stanno sulla tua pagina mediamente (esclude i rimbalzi).
Tracciare la Profondità di Scroll della Pagina
Con Google Tag Manager posso poi andare a monitorare la percentuale di scroll del contenuto: questo mi può consentire di capire, magari con l’utilizzo congiunto di alcuni strumenti come HotJar o Yandex Metrica, in che punto gli utenti abbandonano il contenuto e quindi dove impostare un obiettivo di conversione come ad esempio la richiesta della mail.
Alcuni spunti
- Bounce Rate Modificato alto, basso scroll e tempo di permanenza medio ci potrebbero dire: Houston, abbiamo un problema. Forse il contenuto non rispecchia l’intento di ricerca?
- puoi creare dei segmenti per isolare il traffico organico o altre fonti e valutarne il relativo engagement;
- puoi creare dei segmenti per mobile e desktop e valutarne il relativo coinvolgimento sui contenuti;
Conclusione
Parafrasando il titolo di una nota serie di libri un blog aziendale è facile se sai come tracciarlo.
Il punto di partenza è capire il ruolo del blog aziendale nel contesto del funnel di vendita: la redazione di contenuti serve infatti a intercettare visitatori organici da query di tipo informativo.
Dal momento che questi ultimi non sono plausibilmente ancora pronti ad acquistare il nostro prodotto servizio o a scegliere il nostro brand, la strategia più utile sarà acquisirne il dato di contatto, ad esempio la mail, tramite un optin e un Lead Magnet di tipo informativo per poi inserirli in un workflow automatizzato di email marketing.
Altri obiettivi di macro e micro conversione e relative metriche che possiamo tracciare sono il tasso di rimbalzo modificato, la percentuale di scroll del contenuto e il tempo di permanenza medio sulla pagina.
Cosa ne pensi? Hai implementato una o più di queste metriche per valutare engagement e ROI sui tuoi contenuti? Parliamone nei commenti.